mercoledì 7 giugno 2017

Cosa resterà di questi anni '80 - 5 bianchi francesi di oltre 30 anni


Ieri sera si è svolta, nella prestigiosa cornice del Westin Palace di Milano, la seconda serata dedicata ai vini francesi degli anni ottanta.
Questa volta toccava ai vini bianchi (per la serata dedicata ai rossi http://ilvinogiusto.blogspot.it/2017/04/cinque-grandi-bordeaux-alla-prova-dei.html), ed è stata un'esperienza davvero affascinante!
Se bere rossi invecchiati di 20 o 30 anni è già un'eccezione, capita davvero rarissimamente di imbattersi in vini bianchi così datati.
La serata è stata condotta magistralmente da Nicola Bonera, che è riuscito in poco più di un'ora di presentazione, a fare una esaustiva e puntuale carrellata su tutti i territori dei vini che avremmo assaggiato di lì a poco: le Graves (Bordeaux), lo Champagne, il Sancerre, l'Alsazia, lo Jura e il Sauternes.
Già dopo aver ascoltato le descrizioni dettagliate dei differenti terroir, della composizione dei terreni, con tanto di carte litografiche, delle denominazioni con i migliori cru, si poteva agevolmente comprendere la grandezza della Francia enologica, che con riferimento ai vini bianchi diventa difficilmente avvicinabile da ogni altra nazione, Italia compresa.
Venendo alla degustazione, siamo partiti tranquilli con un Pessac Leognan Gran Cru Classè della cantina Malartic Lagraviere, del 1985, il quale, a mio modesto avviso, mostrava i primi segni di evoluzione. Lo stupore è stato scoprire che la bottiglia era stata acquistata per poco più di 20 euro! E allora ne vale eccome la pena!
Poi siamo subito volati in cielo con lo Champagne 1er Cru Brut Reserve di Maillart, del 1982, azienda di Ecueil, attenta ad una viticoltura sostenibile, alla nona generazione di gestione familiare, che ogni anno mette anche sul mercato poche centinaia di bottiglie di annate storiche, con sboccature recenti, un bel divertissment! Nel nostro caso, per esempio, la sboccatura risale al 2009 (se non ricordo male), e dunque il vino ha passato oltre 25 anni sui lieviti! Spumante frutto di un blend con prevalenza pinot nero, che mostrava un bellissimo colore dorato, un perlage evidentemente molto delicato, un profumo avvolgente e maturo, e un gusto molto complesso, senza perdere quella piacevole capacità di lavare la bocca che si richiede sempre quando si aprono delle bollicine. Qui il prezzo si avvicinava ai 150 €, ma il prodotto era davvero eccezionale!
Segue il più bizzarro dei vini in degustazione, un Sancerre di Gitton del 1985, che è apparso ancora giovanissimo nel colore, con riflessi verdognoli. Il profumo intensissimo di senape e cipollotto, lo ha reso davvero fin troppo particolare per il gusto della gran parte della sala. E' stato, però, interessante notare in che modo davvero incredibile possa evolvere il sauvignon.
Prima di passare ai miei due vini preferiti, come quinto vino ci è stato servito un Vin Jaune dello Jura, cantina Chateau d'Arlay, del 1989, che si è mostrato senz'altro potente e di grande struttura, anche se le note ossidative tipiche dei vini realizzati con questa tecnica mi sono apparse un po' fastidiose.
Il quarto vino è stato l'apoteosi dei sensi! Credo si tratti di uno dei vini con i profumi più gradevoli che abbia mai assaggiato. Era un Riesling alsaziano, Vendage Tardive, della storica cantina Hugel, annata 1988. Profumi floreali, ma anche agrumati e speziati, di un'eleganza davvero difficile da descrivere. Al sorso il vino era abbastanza esile, come del resto deve essere un riesling, anche se ancora elegantissimo e capace di lunghissimo invecchiamento, anche perchè ancora non emergeva alcun sentore di idrocarburo, spesso presenti nelle fasi di massima maturazione di questo vitigno! La fascia di prezzo intorno ai 60 euro è a mio giudizio davvero giustificata!
Da ultimo, dulcis in fundo, per la serie "ti piace vincere facile", uno straordinario Sauternes di Raymond Lafon, del 1988. Un colore ambrato, un profumo stordente! Agrumi canditi che lasciavano solo trasparire dietro le quinte la classica nota di zafferano, a volte troppo sgraziata nei sauternes meno pregiati. Anche al sorso, una giusta nota acida che ne ha invogliato grandemente la beva! Siamo di fronte a un vino frutto di una selezione maniacale di ogni singolo acino colpito dalla muffa nobile, raccolto solo alla perfetta maturazione e lavorato con fermentazione in barriques nuove. Chapeau!
Alla fine della serata ci siamo divertiti a pensare a una degustazione simile da farsi con vini bianchi italiani, arrivando alla conclusione che, salvo poche eccezioni, i grandi bianchi di casa nostra hanno ancora vita troppo giovane. Non ci resta che aspettare qualche decennio, sicuri che anche da noi si sta imboccando la strada giusta della qualità.

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