venerdì 22 dicembre 2017

Primo Incontro - Garganega frizzante IGT Veneto - Azienda Agricola Davide Vignato - 2015-16


Degustazione del 16 dicembre 2017

  1. GUSTO: 7
    Un vino semplice, il rifermentato di Davide Vignato, il cui nome, "Primo Incontro", descrive perfettamente quale sia il suo tipo di consumo privilegiato: è il vino perfetto per accogliere l'ospite, per fare 4 chiacchiere mentre si toglie la giacca, per spizzicare 2 taralli prima di cena o, come nel nostro caso, financo 2 biscotti mentre bimbi (e mamme!) bevono il tè! Venendo più al merito, si tratta di una bollicina da 100% uve garganega, rifermentata naturalmente in bottiglia grazie all'aggiunta, prima dell'imbottigliamento, di un piccola parte di mosto di recioto, dettaglio che dona al vino una piacevole sfumatura dolce. Abbiamo degustato l'annata 2016 in bottiglia da 0,75l e la 2015 in magnum, potendo apprezzare un certo arrotondamento con l'anno trascorso a contatto con i lieviti, senza perdere la freschezza che lo contraddistingue.
  2. FAIRNESS: 9
    L'azienda Agricola Davide Vignato si trova nel centro di Gambellara, località storicamente legata alla vinificazione di vini bianchi da uve garganega (oltre al recioto ed al vin santo, sempre provenienti dal medesimo vitigno). Il terroir è veramente peculiare, essendo uno dei rari terreni quasi interamente vulcanici in circolazione, circostanza che rende i vini particolarmente ricchi di sostanze e sentori minerali. Davide Vignato, in particolare, ha ereditato vigne e sapere da parte dei suoi nonni e di suo padre ed ha saputo alzare l'asticella aggiungendo le conoscenze tecnologiche più moderne, la ricerca per la qualità a tutti i costi e la scelta della coltivazione biodinamica e comunque del rispetto per l'ambiente. Inoltre ci ha accolto nella sua cantina con una gentilezza autentica e ci ha intrattenuto per oltre due ore raccontandoci con passione la sua filosofia ed i suoi prodotti.
  3. OCCASIONE: 8
    Come accennavo prima, il Primo Incontro è il vino ideale per la convivialità. Le due bottiglie di cui sopra sono state aperte in occasione della festa per i saluti natalizi con alcuni amici. Un tè delle cinque con una torta e qualche biscotto si è quindi trasformato in un aperitivo con pizza e salatini vari. Il vino è andato giù liscio come l'olio con tutti questi abbinamenti!
  4. ACQUISTO: 9
    Abbiamo acquistato il vino lo scorso novembre nella nostra gita a Gambellara. Il valore aggiunto è stata la magnum del 2015, regalataci da Davide Vignato, il quale ci aveva anche in precedenza spiegato come conservasse gelosamente le ultime magnum del 2015 per proprio consumo privato. Grazie mille!
  5. PREZZO: 9
    € 7,50 franco cantina è il prezzo perfetto per un vino fatto per un utilizzo quotidiano e conviviale! Se si considera la grande qualità di tutti i passaggi produttivi (compresa l'assenza di solforosa aggiunta!), si tratta davvero di un affare!
VOTO MEDIO: 8,4

lunedì 20 novembre 2017

Gambellara e Soave: aspettative soddisfatte, delusioni e piacevoli sorprese



Sono reduce da una stupenda giornata tra le colline di Gambellara e Soave, un viaggio che organizzavo da qualche tempo.
Abbiamo visitato le cantine Davide Vignato e La Biancara a Gambellara e Graziano Prà e Coffele a Soave. La prima è una piccola azienda familiare, vicina alla filosofia dei vini naturali; la seconda è la cantina del presidente e fondatore di VinNatur; il terzo un viticoltore attento che si è fatto da sè, padre di alcuni dei Soave più premiati della categoria; l'ultima una realtà con forti radici storiche, che fa del "bio" un marchio di fabbrica, anch'essa vincitrice di numerosi premi da parte delle guide.
Ecco alcune riflessioni a caldo.
Mi aspettavo che Gambellara fosse più intima, ma anche più di qualità; così è stato!
Davide Vignato ci ha condotto, di persona, a vedere le rocce vulcaniche che sono la peculiarità del terrorir vicentino, ci ha mostrato le tecniche di potatura e allevamento della vite, oltre che le forti differenze tra singole zone di uno stesso vigneto (per esempio, le viti poste alla sommità della collina denominata Col Moenia, hanno solo mezzo metro di terra prima di infrangersi sulla roccia, circostanza che rende bassissima la produzione per pianta, ma altissima la qualità!).
Maule (il figlio più giovane, Alessandro), dal canto suo, ci ha parlato dei tentativi di eliminare anche zolfo e rame dal vigneto, del perchè dell'abbandono dei preparati biodinamici (non davano alcun vantaggio evidente), delle difficoltà ad eliminare ogni ossidazione del mosto in cantina e di altri accorgimenti per rendere i loro vini sempre più puliti e precisi!
Le due cantine di Soave, purtroppo, ci hanno accolto con dei giovani dipendenti che hanno potuto aggiungere poco rispetto alle caratteristiche rinvenibili sulla home page del sito aziendale...
Coffele, in particolare, ci ha fatto ricevere in una sala degustazione nel centro storico di Soave, in modo un po' confuso, da due giovanissime ragazze che sembravano recitare a memoria una piccola frase per ogni vino presentato... L'impressione è stata di un'azienda che, nonostante le dimensioni ridotte, rischia di passare dalla dimensione familiare a quella di una fredda industria... E pensare che i loro terreni in quel di Castelcerino, la storia aziendale e la filosofia biologica (vedi, tra le altre cose, l'uso del cavallo in vigna!) potrebbero essere elementi veramente notevoli, se valorizzati con un po' più di personalità e un po' meno di tecnica.
Graziano Prà, infine, si pone in una via di mezzo. Se la cantina è veramente meravigliosa come struttura e location, ed il ragazzo che ci ha accolto (anch'egli giovanissimo) preparato, anche qui si respirava un clima un po' distaccato, come se fossimo parte di una degustazione "standard", che sarebbe potuta andare bene anche ad un gruppo di giapponesi in visita a Soave.
Forse in entrambi i casi abbiamo pagato il fatto che fosse sabato pomeriggio...
Passando ai vini assaggiati, forse saremo stati influenzati da quanto fin qui riportato, ma abbiamo tutti condiviso che, anche sotto questo profilo, le due cantine di Gambellara avessero una marcia in più!
Davide Vignato propone una gamma di prodotti ampia, fatta di vini semplici, ma ben fatti, oltre che caratterizzati senza dubbio dal miglior rapporto qualità prezzo della giornata.
Interessante il "Primo incontro", garganega rifermentata in bottiglia; buoni i due bianchi fermi, fatti allo stesso modo, ma partendo dalle uve migliori per la selezione "Col Moenia"; eccellente il metodo classico da uve durella, con intriganti profumi di uva fragolina; impeccabile anche il recioto, sorretto da una bella spalla acida.
I vini di La Biancara sono stati, come ci si poteva attendere, i più apprezzati in valore assoluto.
Se il Sassaia 2016 è apparso ancora un po verde, il Pico 2016, più morbido, promette faville e già ora ci ha emozionato! Anche la bottiglia di Sassaia 2007 gentilmente aperta da Alessandro, poi, con le sue note di idrocarburi, nonostante la leggerissima rifermentazione in bottiglia, ci ha confermato la straordinaria longevità dei vini aziendali e la loro evoluzione intrigante. Il Masieri rosso ha sorpreso per i suoi sentori di liquirizia, mentre il Taj rosso in purezza (So San), ci è parso più elegante e complesso. La magia, però, è stata l'assaggio del recioto, direttamente dalla botte... Direi il vino passito più buono che abbia mai bevuto (forse al netto di qualche sauternes assaggiato in qualche fiera). Chapeau!
Venendo a Prà, la gamma dei bianchi è senz'altro completa e ben fatta, anche se ci ha emozionato il giusto. Forse tra tutti spicca il Monte Grande, che fa un passaggio in botte molto ben dosato, discostandosi dalla cifra di quasi tutti i vini degustati in giornata, più semplici, freschi e beverini. I prezzi, però, ci sono parsi un pochino alti.
Coffele, infine, ci ha proposto un metodo charmat abbastanza anonimo, così come il primo soave "Castelcerino". Maggiore personalità per il Ca' Visco e l'Alzari (anch'esso con passaggio in legno). Un po' seduto il recioto.
In conclusione, è stata una giornata interessante, dalla quale porto a casa alcune massime:
- Piccolo è bello! La gestione familiare paga, sia in termini di storytelling che di prodotto finale
- Il terroir di Gambellara è parso più interessante di quello di Soave
- I bianchi fermi da uve garganega sono vini piacevoli, freschi, facili da bere, con bassa aromaticità ed intensità aromatica, ma con una buona mineralità e sapidità, che ne donano spesso eleganza e li rendono ottimi per gli abbinamenti culinari e l'utilizzo quotidiano

sabato 16 settembre 2017

Renosu Bianco - 2016 - Tenute Dettori


Degustazione del 16 settembre 2017

  1. GUSTO: 8
    Di certo si tratta di un vino particolare, ma non per questo difficile da bere ed apprezzare, anzi... Il colore (anche se dall'immagine non è così evidente) è un bel paglierino intenso con riflessi dorati. Al naso si sentono frutti gialli (banana e pesca), fiori e spezie (cannella) e, dopo un'oretta che era aperta la bottiglia, anche una piacevole nota agrumata. All'assaggio mi ha colpito la morbidezza, una certa dolcezza temperata da una mineralità e sapidità veramente equilibrate. Ottimo come aperitivo, con la pizza e anche con la torta di mele cotogne!
  2. FAIRNESS: 8,5
    Alessandro Dettori è senz'altro uno dei guru del vino naturale. Conduce infatti i propri terreni con una filosofia "naturale", in modo veramente radicale (nel senso buono del termine), cercando di privilegiare qualità estrema, territorialità, rispetto per la natura, equilibrio tra la vigna e l'ecosistema circostante. La cantina è all'avanguardia e anche l'ospitalità è studiata nei minimi dettagli; complice un paesaggio mozzafiato, infatti, chi si trova a passare per la sperduta Sennori vive un'esperienza che va oltre l'assaggio del vino.
  3. OCCASIONE: 7
    Un sabato sera uggioso porta con sè la voglia di dedicarsi alla cucina. Mio cognato è maitre a penser in tema di lievitazione della pasta della pizza, rigorosamente semi-integrale, ed io ho pensato di aggiungerci una salsa di pomodoro km0 fatta in casa e, al posto della mozzarella, un "Riccio" dell'Azienda Agricola Selva. L'ultimo goccio di vino è stato poi consumato con una fetta di torta alle mele cotogne, dimostrando, come si diceva, la sua grande duttilità.
  4. ACQUISTO: 9
    Questa bottiglia è stata acquistata da mia sorella e consorte direttamente in cantina. Sapevo che bazzicavano da quelle parti e ho commissionato un corposo acquisto. Dopo che hanno visitato la cantina e trascorso una serata romantica presso l'agriturismo annesso, mi hanno ringraziato per la segnalazione. Un posto veramente di classe! E pensare che io li avevo preavvertiti che avrebbero incontrato solo un contadino invasato con la biodinamica!
  5. PREZZO: 7,5
    Di per sè 10 euro (franco cantina) per questa bottiglia sono veramente meritatissimi! Non ho ritenuto di dare un punteggio più alto perchè ho notato che i prezzi praticati in cantina sono pressochè gli stessi (e addirittura in alcuni casi più alti!) di quelli che si trovano online. Si tratta, ovviamente, di politiche di mercato che magari c'entrano poco con il volere dell'azienda, ma mi pare preferibile premiare maggiormente l'accesso diretto in cantina.
VOTO MEDIO: 8

venerdì 1 settembre 2017

Breve resoconto di un "naturale" agosto romagnolo


Come ogni anno, insieme ad un folto numero di amici ed ai loro ancor più numerosi marmocchi, abbiamo affittato una villa per godere in compagnia delle ferie agostane.
Quest'anno è toccato a Cervia, che ci ha davvero sorpreso positivamente!
Ovviamente mi sono premurato di reperire cantine, winebar e ristoranti nella zona, che avessero una buona selezione di vini locali, meglio se con filosofia "naturale" (zero chimica in vigna e in cantina).
Nel viaggio di andata ho fatto tappa da Cinque Campi, piccola realtà a 15 km da Reggio Emilia, che propone un gamma davvero interessantissima. Il loro Terbianc, vari tipi di trebbiano rifermentati in bottiglia, è stato il primo amore della vacanza, e senz'altro uno dei vini che abbiamo maggiormente apprezzato! La lieve macerazione sulle bucce, infatti, ha conferito al vino profumi e sapori che lo rendono molto piacevole e riconoscibile. Della stessa cantina, forse ancor più complesso ed elegante, il BoraLunga, orange fermo, da vigne di oltre 80anni, da uve spergola e, in piccola parte, moscato, veramente straordinario (anche perchè bevuto con del branzino alla brace home made di tutto rispetto)! Ottimi anche il rosso fermo Le Marcone ed il lambrusco, secco e molto beverino, ma senz'altro meno complesso degli altri vini della casa. Mi spiace molto che il metodo classico e l'ancestrale da uve spergola fossero terminati... In sintesi, azienda veramente ottima e consigliata!
Girando con la carovana di mogli e bambini, poi, ci siamo imbattuti nell'Osteria del Gran Fritto, locale molto carino, ove abbiamo accompagnato il fritto misto con un altro rifermentato, il Pignoletto sur lie, molto più semplice del Terbianc, ma ottimo come accompagnamento per un fritto leggero.
Ancora, nella piazza centrale di cervia, si trova un locale molto interessante, l'Enoteca Pisacane (Vini e Tapas), che propone un carta molto nutrita di vini biologici, biodinamici, triple A e in generale molto ricercati (quanto alle tapas, ben fatte, ma con porzioni davvero minime). Qui ci siamo dati a due diversi Franciacorta, ossia il Casa Caterina 36 mesi ed il 1701 Brut. Il primo sicuramente più evoluto e complesso, il secondo forse più preciso e verticale.
Verso la metà della vacanza, quando il vino in casa iniziava a scarseggiare, abbiamo organizzato la gita alla cantina Villa Venti, distante una ventina di km sulle colline di Cesena, ove abbiamo trascorso un'oretta con uno dei due titolari. Il luogo, come si nota dall'immagine, era da sogno e anche la cortesia con la quale il vigneron ci ha raccontato la storia sua e dell'azienda è stata ammirevole. Il core business è quello di produrre un sangiovese di terroir, e per far ciò è stata richiesta la consulenza di uno degli agronomi maestri del sangiovese (toscano), il compianto Remigio Bordini, unitamente al figlio enologo. Sono stati selezionati 4 cloni, piantati nelle singole parti di terreno rispettivamente più vocate, al fine di ottenere complessità e profondità. Il risultato è davvero ottimo, con il Primo Segno (sangiovese "base") che si presenta molto elegante, minerale e certamente non muscolare come spesso accade ai sangiovese "fuori sede". Da segnalare anche il Serenaro, bianco fermo da uve "famoso", anch'esso molto minerale e sapido.
Da ultimo, nel viaggio di ritorno, abbiamo fatto sosta a Brisighella, bellissimo borgo, nel quale abbiamo trovato un ristorante veramente straordinario, il top rated della vacanza! Si tratta della Cantina del Buonconsiglio, ubicato in una vietta secondaria, anch'esso fornitissimo di vini di territorio (e naturali), ove abbiamo assaggiato una particolare albana "orange" secca, della cantina Ancarani, per l'esattezza il Santa Lusa. Vino potente, alcolico, ma veramente piacevole, con note di frutta bianca surmatura e un'ottima persistenza, ottimo anche con primi piatti importanti.
Insomma, la Romagna non è solo terra di piadina, spiaggia e discoteca!
Ho trovato, al contrario, una grande attenzione alla qualità dei prodotti, sia gastronomici che enologici. Con riferimento a questi ultimi, ho scoperto un ventaglio veramente vario, con picchi di eccellenza, dal lambrusco, al rosso "stile Oltrepo", al sangiovese, al bianco rifermentato, al metodo classico, al bianco semplice, a quello più complesso... Fino all'albana passita... Che però non ho mai ancora assaggiato...

mercoledì 2 agosto 2017

Vermentini, mare e... Sol!


In una calda sera di inizio agosto, c'è tanta voglia di concedersi qualche momento di svago, ma anche tanto caldo e stanchezza...
E' così che abbiamo pensato di organizzare una cena semplice, leggera, ma estremamente gustosa, che potesse essere accompagnata da vini importanti, ma anche rinfrescanti.
Il pensiero è andato subito al mare, ed in particolare alla Liguria.
Le linguine con il pesto fatto in casa hanno lasciato tutto lo spazio necessario al primo vino, il Carlaz 2015, dell'azienda Prima Terra delle Cinque Terre (la creazione del mitico enologo Walter de Battè), vermentino in purezza coltivato in un vigneto sopra a Carrara, fermentazione con lieviti indigeni, senza controllo della temperatura, breve macerazione sulle bucce, un anno di acciaio, nessuna chiarifica, nessun additivo, pochissima solforosa!
Il colore è da 10 e lode! Un dorato appena velato che invitava veramente alla beva! (la foto, purtroppo, non rende i dettagli del colore).
Al naso, fin da subito, non abbiamo percepito alcuna acidità volatile o "puzzetta", come potevamo aspettarci da un vino così particolare. Al contrario, profumi eleganti, di frutta matura (pesca bianca), marmellata di agrumi, camomilla. All'assaggio lo abbiamo trovato equilibrato, con la giusta acidità e sapidità, e con una leggerissima tannicità sul finale (12,5% alcool).
Come secondo, abbiamo cucinato un semplice branzino al forno (con capperi, olive e pomodorini), con contorno di verdure saltate (melanzane e peperoni).
Attraverso il mare, in pratica, siamo giunti alla seconda bottiglia, ossia l'arcinoto Dettori Bianco 2016, Tenute Dettori, sempre vermentino in purezza, coltivato nella zona Romangia, in provincia di Sassari, con vinificazione totalmente naturale, con un contatto sulle bucce, presumo, un po' più prolungato rispetto al Carlaz.
Questo secondo vino presentava un colore decisamente più tendente all'ambrato, rispetto al collega ligure.
Anche l'alcolicità era decisamente maggiore (14,5%) ed era evidente sia dalla maggiore consistenza nel calice che dal profumo, prima ancora che dall'assaggio.
Al naso questo vermentino è risultato anche più intenso del precedente, con note di frutta ancora più matura,su tutte il fico secco. In bocca si percepiva, come dicevamo, una maggiore alcoolicità, oltre che una maggiore tannicità rispetto al precedente, in parte compensate da acidità e mineralità sicuramente presenti.
Il branzino è stato un po' sovrastato, mentre con la pseudo-caponata era davvero perfetto.
Due versioni, insomma, sulla carta simili, ma nei fatti molto differenti.
Ci sono piaciute molto entrambe: se dovessi addentrarmi in un commento, ho trovato più elegante ed equilibrato il Carlaz, più complesso e potente il Dettori. Mi piacerebbe riassaggiarli tra qualche anno, ma chi ha la pazienza di tenerli in cantina...
Per finire, ci siamo concessi un'ulteriore coccola, con il Sol di Ezio Cerruti (credo annata 2015). Si tratta di un prodotto eccezionale, lui pure vinificato in modo "naturale", da uve 100% moscato bianco.
Il produttore è un maestro di questa uva, che è l'unica prodotta dalla sua cantina nelle Langhe.
Un passito straordinario, con un bellissimo colore ambrato, profumi eleganti e, soprattutto, una bevibilità veramente notevole, a causa della forte spalla acida e di una zuccherinità molto dosata e mai stucchevole.
Uno dei passiti più bevibili che abbia mai assaggiato. Peccato che la bottiglia era solo da 37,5 ml!

lunedì 10 luglio 2017

Terrazze Retiche di Sondrio - Passito Luca 1° - 2010 - Balgera


Degustazione del 6 luglio 2017

  1. GUSTO: 7,5
    Si tratta di un vino insolito, ossia un passito a base nebbiolo di Valtellina. Più che un passito, mettendo il naso nel bicchiere, ci sembra di degustare un barolo un po' evoluto. I profumi sono davvero straordinari, con note di viola appassita e spezie. All'assaggio viene confermata una dolcezza poco invasiva (dalla scheda tecnica dell'azienda, infatti, pare avere un residuo zuccherino di soli 7-9 g/l), che però serve a mitigare e rendere più morbide le asperità del nebbiolo, specie se di montagna. Una sorta di sforzato 2.0, insomma, che personalmente mi è molto piaciuto!
  2. FAIRNESS: 8
    Balgera è un'azienda agricola che non cede ad alcun compromesso! Basti pensare che anche i vini "base" vengono commercializzati solo una decina di anni dopo la vendemmia (questo passito è un'eccezione, essendo una recente idea del figlio del proprietario, che vuole provare a presentare sul mercato qualche prodotto "innovativo"). Ciò perchè vi è la convinzione che i rossi valtellinesi necessitino di un lungo affinamento prima di essere gustati al loro meglio. Ovviamente si tratta di affinamenti molto poco invasivi, con botti grandi e usate, prima, e con lunghi periodi nelle storiche vasche in cemento vetrificato presenti in azienda sin dalla fondazione. Il titolare, pronipote del fondatore Pietro Balgera, è un uomo decisamente diffidente alle mode e ai riconoscimenti da parte delle varie guide (alle quali non manda, per scelta, alcun campione), ma è appassionato del suo lavoro e orgoglioso della cura che utilizza in ogni singolo passaggio. Il metodo di produzione è naturale (lieviti indigeni, nessun componente chimico, pochissima solforosa, nessuna filtrazione), cui segue coerentemente la filosofia di vinificare ogni singolo cru separatamente (salve le dovute eccezioni).
  3. OCCASIONE: 7,5
    per il compleanno di mia moglie (pressochè astemia!!) abbiamo allietato il nostro giovedì sera con un ottimo Rosè di Faccoli per l'insalata di riso e il polpettone di tonno, salvo poi affiancare questo particolare passito alla crostata crema e frutta acquistata per l'occasione nella pasticceria Il dolce cortile di Monza, che consiglio a tutti di visitare!
  4. ACQUISTO: 9
    un paio di anni fa ci siamo recati in gita sociale da Balgera, a Chiuro (SO) e abbiamo fatto incetta di vini. Il sig. Balgera è stato molto accogliente, ci ha fatto visitare tutta la cantina ed ha aperto anche una bottiglia del 1983 per mostrare l'ottima tenuta dei suoi vini. Questa bottiglia, in particolare, è stata acquistata in quella occasione da mio cognato.
  5. PREZZO: 8
    non ricordo esattamente il prezzo di questo passito (intorno ai 20 €), ma ricordo che i prezzi di Balgera, almeno quelli "franco cantina", sono davvero straordinari! Con somme tra i 10 e i 20 euro, infatti, si possono acquistare vini di enorme qualità, rappresentativi del territorio e soprattutto già invecchiati 10-15 anni tra le sagge mani del produttore!
VOTO MEDIO: 8

domenica 11 giugno 2017

Primitivo Salento IGT - Nataly - 2015 - Azienda Agricola Natalino Del Prete


Degustazione dell'11 giugno 2017

  1. GUSTO: 7,5
    I vini di Natalino Del Prete sono forse un po' rustici, ma pieni di emozione, profumi, sapori, territorialità. Quello che è impossibile negare è che si tratti, nel caso di questo Nataly, di un primitivo molto diverso dal 99% dei Primitivi di Manduria che si trovano in commercio... Spesso cupi, dolciastri, alcolici, seduti, senza personalità. Qui c'è un colore rubino intenso, nemmeno troppo carico; un bouquet molto intenso, che spazia dal pepe, alle fragoline di bosco, alle ciliege sotto spirito, al potpuorri di fiori secchi; un frutto croccante, una buona acidità e sapidità
  2. FAIRNESS: 9
    Per quanto mi riguarda, Natalino Del Prete è il produttore di vini "naturali" per antonomasia! Un viticoltore, cresciuto in una famiglia di viticoltori, racconta che il padre ha da sempre optato per una coltivazione con il minore utilizzo possibile di diserbanti e prodotti chimici. E ciò non per le moderne mode naif, ma per il profondo rispetto per la natura e per la convinzione che questo sia il modo per ottenere il meglio dalle proprie piante. Specialmente in un territorio pianeggiante e arido come il Salento, un tipo di agricoltura così artigianale, con rese per ettaro bassissime, inerbimento e zero-chimica, è davvero una rarità. Lui stesso, membro dell'associazione VinNatur, dice che rispettare il rigido disciplinare dell'associazione "è da pazzi... perchè si rischia di perdere tutto il raccolto". Anche in cantina, poi, l'approccio è integralista: less is more! Solo cemento vetrificato, lieviti indigeni, zero filtrazioni, vinificazioni quasi sempre separate per vitigno e vigneto. Il risultato è, inevitabilmente, quello di vini con una forte impronta di vitigno e annata. Credo che questa sia la filosofia migliore che ci sia per esaltare il territorio. Se posso azzardare un paragone, mi ricorda l'abruzzese Emidio Pepe o il pavese Lino Maga
  3. OCCASIONE: 7
    un normale pranzo domenicale estivo, quando la calura non è ancora insopportabile. Una tavolata serena, pietanze semplici, fresche e piacevoli. Dopo una boccia di Franciacorta Rosè con del riso freddo tonno e limone, e delle tartine al patè d'olive, ci vogliamo viziare un po' con qualche fetta si salame, quasi come scusa per aprire anche questo rosso. Nonostante l'alcoolicità (14,5%), devo dire che è stato davvero piacevole come fine-pasto.
  4. ACQUISTO: 9
    in occasione di una vacanza salentina in bassa stagione, ho voluto visitare di persona questa azienda di cui avevo sentito molto parlare. Natalino mi ha intrattenuto per un paio d'ore insieme alla figlia, raccontandomi con passione tutta la sua filosofia produttiva. Ho ordinato un copioso numero di bottiglie, che mi sono fatto spedire con corriere, con spese davvero contenute
  5. PREZZO: 9,5
    mi vergogno quasi a dire che, acquistato in cantina, il vino di Natalino Del Prete costa solo 5 euro la bottiglia! Qualunque bottiglia si scelga! E' una scelta senz'altro coerente con la filosofia aziendale e che conferma la sua buona fede e l'assenza di qualsivoglia finalità speculativa. Forse, devo ammettere, aumentare di qualche euro il prezzo darebbe maggiore dignità alla qualità
VOTO MEDIO: 8,4

sabato 10 giugno 2017

Franciacorta - Extra Brut - 2013 - Azienda Agricola Claudio Faccoli



Sarò didascalico.
Quando c'è qualcosa da festeggiare, occorre aprire delle bollicine.
Le bollicine più pregiate sono quelle ottenute mediante il cd. metodo champenoise (o metodo classico), ossia rifermentate in bottiglia a contatto coi lieviti, da non confondersi con il metodo cd. Martinotti-Charmat, nel quale la presa di spuma avviene in autoclave.
Il luogo in Italia ove si è maggiormente imposta la cultura del metodo classico è la Franciacorta.
Il Monte Orfano, in particolare, è una sottozona a sud della Franciacorta, una delle pochissime ove le vigne sono coltivate in collina, che dona vini più acidi e minerali.
La cantina più rappresentativa del Monte Orfano è l'Azienda Agricola Claudio Faccoli, che produce spumanti metodo classico sin dal 1963, uno dei primi in Franciacorta.
Se siete in tanti, meglio optare per un grande formato.
Una Jeroboam da 3l, per esempio, fa la sua porca figura!
Ultima cosa... State attenti quando la aprite ;)!

Come avrete notato, l'atmosfera festaiola non ha consentito una degustazione più di tanto tecnica, anche se tutti hanno convenuto che trattasi di un vino straordinariamente buono e facile da bere.
Ciò, nonostante si tratti di un pas dosè, con bassissimo grado zuccherino.
Consiglio a tutti una visita a Coccaglio, presso la cantina Faccoli, ove sono stato accolto in modo egregio direttamente dal titolare, che mi ha fatto assaggiare tutte le tipologie di vino prodotte (un brut, un rosè e 3 differenti versioni di pas dosè, con l'apice della "Riserva" che matura ben 10 anni sui lieviti!).
Inoltre, il sig. Faccoli mi ha fatto assaggiare differenti annate e differenti sboccature delle medesime annate, proprio per far comprendere come si tratti di vini artigianali e molto legati al territorio ed all'annata, davvero una rarità in terra di Franciacorta.
Ho conservato qualche bottiglia speciale per addentrarmi un po' di più nella degustazione tecnica.
Buon secondo compleanno, Francy!

mercoledì 7 giugno 2017

Cosa resterà di questi anni '80 - 5 bianchi francesi di oltre 30 anni


Ieri sera si è svolta, nella prestigiosa cornice del Westin Palace di Milano, la seconda serata dedicata ai vini francesi degli anni ottanta.
Questa volta toccava ai vini bianchi (per la serata dedicata ai rossi http://ilvinogiusto.blogspot.it/2017/04/cinque-grandi-bordeaux-alla-prova-dei.html), ed è stata un'esperienza davvero affascinante!
Se bere rossi invecchiati di 20 o 30 anni è già un'eccezione, capita davvero rarissimamente di imbattersi in vini bianchi così datati.
La serata è stata condotta magistralmente da Nicola Bonera, che è riuscito in poco più di un'ora di presentazione, a fare una esaustiva e puntuale carrellata su tutti i territori dei vini che avremmo assaggiato di lì a poco: le Graves (Bordeaux), lo Champagne, il Sancerre, l'Alsazia, lo Jura e il Sauternes.
Già dopo aver ascoltato le descrizioni dettagliate dei differenti terroir, della composizione dei terreni, con tanto di carte litografiche, delle denominazioni con i migliori cru, si poteva agevolmente comprendere la grandezza della Francia enologica, che con riferimento ai vini bianchi diventa difficilmente avvicinabile da ogni altra nazione, Italia compresa.
Venendo alla degustazione, siamo partiti tranquilli con un Pessac Leognan Gran Cru Classè della cantina Malartic Lagraviere, del 1985, il quale, a mio modesto avviso, mostrava i primi segni di evoluzione. Lo stupore è stato scoprire che la bottiglia era stata acquistata per poco più di 20 euro! E allora ne vale eccome la pena!
Poi siamo subito volati in cielo con lo Champagne 1er Cru Brut Reserve di Maillart, del 1982, azienda di Ecueil, attenta ad una viticoltura sostenibile, alla nona generazione di gestione familiare, che ogni anno mette anche sul mercato poche centinaia di bottiglie di annate storiche, con sboccature recenti, un bel divertissment! Nel nostro caso, per esempio, la sboccatura risale al 2009 (se non ricordo male), e dunque il vino ha passato oltre 25 anni sui lieviti! Spumante frutto di un blend con prevalenza pinot nero, che mostrava un bellissimo colore dorato, un perlage evidentemente molto delicato, un profumo avvolgente e maturo, e un gusto molto complesso, senza perdere quella piacevole capacità di lavare la bocca che si richiede sempre quando si aprono delle bollicine. Qui il prezzo si avvicinava ai 150 €, ma il prodotto era davvero eccezionale!
Segue il più bizzarro dei vini in degustazione, un Sancerre di Gitton del 1985, che è apparso ancora giovanissimo nel colore, con riflessi verdognoli. Il profumo intensissimo di senape e cipollotto, lo ha reso davvero fin troppo particolare per il gusto della gran parte della sala. E' stato, però, interessante notare in che modo davvero incredibile possa evolvere il sauvignon.
Prima di passare ai miei due vini preferiti, come quinto vino ci è stato servito un Vin Jaune dello Jura, cantina Chateau d'Arlay, del 1989, che si è mostrato senz'altro potente e di grande struttura, anche se le note ossidative tipiche dei vini realizzati con questa tecnica mi sono apparse un po' fastidiose.
Il quarto vino è stato l'apoteosi dei sensi! Credo si tratti di uno dei vini con i profumi più gradevoli che abbia mai assaggiato. Era un Riesling alsaziano, Vendage Tardive, della storica cantina Hugel, annata 1988. Profumi floreali, ma anche agrumati e speziati, di un'eleganza davvero difficile da descrivere. Al sorso il vino era abbastanza esile, come del resto deve essere un riesling, anche se ancora elegantissimo e capace di lunghissimo invecchiamento, anche perchè ancora non emergeva alcun sentore di idrocarburo, spesso presenti nelle fasi di massima maturazione di questo vitigno! La fascia di prezzo intorno ai 60 euro è a mio giudizio davvero giustificata!
Da ultimo, dulcis in fundo, per la serie "ti piace vincere facile", uno straordinario Sauternes di Raymond Lafon, del 1988. Un colore ambrato, un profumo stordente! Agrumi canditi che lasciavano solo trasparire dietro le quinte la classica nota di zafferano, a volte troppo sgraziata nei sauternes meno pregiati. Anche al sorso, una giusta nota acida che ne ha invogliato grandemente la beva! Siamo di fronte a un vino frutto di una selezione maniacale di ogni singolo acino colpito dalla muffa nobile, raccolto solo alla perfetta maturazione e lavorato con fermentazione in barriques nuove. Chapeau!
Alla fine della serata ci siamo divertiti a pensare a una degustazione simile da farsi con vini bianchi italiani, arrivando alla conclusione che, salvo poche eccezioni, i grandi bianchi di casa nostra hanno ancora vita troppo giovane. Non ci resta che aspettare qualche decennio, sicuri che anche da noi si sta imboccando la strada giusta della qualità.

lunedì 15 maggio 2017

Barbera d'Alba Superiore - Sorito Mosconi - 2008 - Poderi Rocche dei Manzoni


Degustazione del 14 maggio 2017

  1. GUSTO: 8
    un grande vino! Una di quelle versioni "moderne" di barbera, che consente di ottenere vini potenti, corposi e longevi. In particolare, questo vino, con uve dall'omonimo vigneto cru, di oltre sessant'anni, dopo una fermentazione per 10-12 giorni a contatto con le bucce, affina per 24-30 mesi in barrique. Il risultato è un vino molto corposo (anche la gradazione, del resto, si attesta sui 14,5%), di un rosso rubino quasi impenetrabile e con profumi intensi ed eleganti (frutti rossi su tutti). All'assaggio abbiamo apprezzato molto la morbidezza e la presenza di tannini per nulla invadenti. Il legno è stato sicuramente ben dosato e ha dato eleganza ed equilibrio al vino, anche se forse ha in parte sacrificato alcune peculiarità del vitigno. Quanto all'evoluzione, infine, sono pronto a scommettere che tra 10 anni il vino sarebbe stato ancora perfettamente integro, e magari avrebbe acquisito qualche sfaccettatura in più. Meno male che ne abbiamo ancora qualche bottiglia in cantina!
  2. FAIRNESS: 7,5
    Podere Rocche dei Manzoni è una realtà dinamica e moderna delle Langhe, che ha sempre puntato tutto sulla qualità; non esistono quasi vini "base"! Molto importanti sono i singoli vigneti, trattati come veri e propri cru (il Sorito Mosconi è un esempio), soprattutto per il re, il Barolo, presentato in ben 4 differenti versioni "mono-vigneto". La modernità sta nell'aver puntato su uno stile che fino a qualche decennio fa non era troppo in uso nelle Langhe (si pensi al metodo classico da uve chardonnay, di cui ho parlato nel precedente post http://ilvinogiusto.blogspot.it/2016/12/special-edition-natale-2016.html), oltre che per l'uso abbastanza frequente delle botti piccole. A ciò si affianca una tendenza alla coltivazione in regime biologico ed in alcuni casi biodinamico
  3. OCCASIONE: 7,5
    in questa domenica di metà maggio festeggiavamo tutte le mamme ed in particolare mia cognata che compieva gli anni. La suocera ha proposto dei ravioli con stracciatella di bufala, pomodorini e basilico e del vitello tonnato. So bene che l'abbinamento con il nostro campione di struttura è stato poco azzeccato, ma avevamo voglia di berlo e quindi ci è piaciuto così!
  4. ACQUISTO: 7
    come anticipavo nel precedente post sopra riportato, ho conosciuto questa cantina grazie a mio zio, che ne è grande estimatore, e ho assaggiato quasi tutta la gamma in occasione di un Vinitaly di qualche anno fa. Questa bottiglia proviene da un successivo ordine effettuato direttamente presso l'azienda, che ci è stato spedito a mezzo corriere. Questa specifica bottiglia è stata acquistata da mio cognato
  5. PREZZO: 7,5
    nell'estate 2014 abbiamo pagato (uso il plurale perchè era un ordine condiviso con amici) circa 18 euro iva inclusa per questa bottiglia; su internet ed in enoteca si trova intorno ai 25 euro. Come per il vino, anche il prezzo mi sembra pressochè ineccepibile! Non si può magari parlare di un affare, ma di certo vale assolutamente la pena come spesa
VOTO MEDIO: 7,5

lunedì 24 aprile 2017

Terrazze Retiche di Sondrio IGT - Selvatico - 2013 - Pietro Selva

Degustazione del 24 aprile 2017


  1. GUSTO: 7,5
    affilato, tagliente... Selvatico! Proprio quello che ci si aspetta da un nebbiolo di montagna! Il tipico colore rubino scarico, al naso è complesso, inizialmente con sentori di frutti rossi e poi con una piacevole nota speziata, di cacao o di caffè. In bocca c'è la conferma di questa complessità, ma anche della sua selvaticità, con un'acidità di poco superiore alla tannicità. Nel complesso, mi è parso un vino molto intrigante, che si lascia bere volentieri, pur presentando forti tipicità legate al territorio ed al vitigno. Sono contento di averlo bevuto relativamente giovane (2013), perchè credo che fosse questo il tipo di vino che aveva in mente il produttore
  2. FAIRNESS: 8,5
    l'azienda agricola Selva Pietro è di recentissima costituzione e di minuscole dimensioni (1,5 ha vitati), ma ha tutte le carte in regola per essere già considerata insieme ai nomi più noti e riconosciuti della nuova enologia "naturale". Non credo che il proprietario ami questo genere di etichette (così come, per esempio, non insegue a tutti i costi la doc Valtellina Superiore - Sassella), ma, per quel poco che ci è dato di sapere, la sua filosofia è proprio quella. Un giovane e preparato enologo, che cerca di esprimere al massimo le potenzialità del proprio territorio, senza trucchi e senza scorciatoie
  3. OCCASIONE: 7
    uno pseudo-ponte prefestivo è un buon pretesto per assaggiare una bottiglia fuori dal comune, anche se trattasi pur sempre di un vino cd. quotidiano
  4. ACQUISTO: 9
    questa bottiglia è stata acquistata dal mio amico Pax ad una fiera prenatalizia a Monza, direttamente dalle mani del produttore, che gliel'ha pazientemente illustrata
  5. PREZZO: 7,5
    come al solito, la viticoltura eroica della Valtellina non può confrontarsi con quella industriale e di pianura. Ciò posto, la fascia 10-12 euro è corretta, per un vino che è tutt'altro che banale



VOTO MEDIO: 7,9

lunedì 17 aprile 2017

Mosel Piersporter Goldtropfchen Riesling Kabinett - 1999 - Weingut Molitor Rosenkreuz


Degustazione di Pasquetta - 17 aprile 2017

  1. GUSTO: 8
    Gli appassionati di vino concordano quasi unanimemente che i vini bianchi più prestigiosi (e soprattutto più longevi) del mondo provengano dalla Germania, con particolare riferimento ai riesling della Mosella. Si tratta di vigneti impervi che costeggiano il fiume Mosel, già di per sè stessi difficili da coltivare, posti peraltro ad una latitudine estrema per la coltivazione della vite. Queste condizioni estreme, come spesso accade, consentono di ottenere un prodotto particolarissimo. Il vino bevuto oggi, per esempio, aveva appena 9,5% di alcool e già 18 anni sulle spalle e, pur essendo stato vinificato solo in acciaio, era ancora perfettamente integro! Anzi, i tipici sentori di idrocarburi che caratterizzano questa tipologia di uve dopo lungo invecchiamento, ancora erano ben mitigati da altri sentori morbidi e quasi dolci (mi viene in mente la pesca), che ne davano un equilibrio notevole. Anche l'acidità, sempre pronunciata in questi vini, era gradevole e certamente non eccessiva. Un vino davvero difficile da catalogare e senz'altro molto gradevole!
  2. FAIRNESS: 8
    non conoscendo il tedesco, mi baso sulle informazioni reperite dalle fonti italiane, ma posso senz'altro affermare che la cantina Molitor Rosenkreuz è una piccola realtà (5 ha vitati per 30.000 bottiglie l'anno), che produce vini naturali (rispetto per l'ambiente in vigna, lieviti indigeni, valorizzazione del terroir e delle singole annate) di grande qualità
  3. OCCASIONE: 7,5
    la classica "gita fuori porta" di Pasquetta si è concretizzata nell'invito a pranzo da due dei nostri migliori amici che abitano in una splendida villa nella campagna pavese. Prima di una consueta grigliata, abbiamo abbinato al riesling una pasta fredda ed un'insalata di asparagi al vapore (con rapanelli, carote, cipolloto, pomodori...). Piatti freschi e di stagione che non hanno sovrastato l'eleganza del vino!
  4. ACQUISTO: 8
    dopo aver assaggiato questo specifico vino al LiveWine 2017 di Milano, ho subito colto l'occasione per acquistarne alcune bottiglie dal rivenditore Meteri.it, che è uno splendido sito che seleziona pochissimi vini ricercati, prodotti da viticoltori naturali ed attenti a valorizzare i rispettivi terroir! Per quanto mi riguarda, si cade pressochè sempre in piedi!
  5. PREZZO: 7,5
    per essere un riesling della Mosella di 18 anni, i 21,70 € sono assolutamente ben spesi e meritevoli. Su altri prodotti del medesimo sito, che ho acquistato in cantina o tramite altri canali, ho notato qualche piccolo sovrapprezzo, ma nel caso di specie non ho metro di paragone e la ricercatezza del prodotto giustificherebbe anche un eventuale piccolo ricarico
VOTO MEDIO: 7,80

martedì 4 aprile 2017

Cinque grandi Bordeaux alla prova dei 30-40 anni!


Nella lussuosa cornice del Westin Palace di Milano, AIS Milano ha organizzato due serate particolarmente interessanti, dedicate all'evoluzione dei vini francesi decorsi 30-40 anni dalla vendemmia.
Il 3 aprile scorso, in particolare, è stato il turno dei vini rossi (il 6 giugno toccherà ai bianchi) e, a parte un particolarissimo intruso proveniente dalla Provenza (Vignelaure 1980, sempre e comunque composto da uve cabernet e merlot), si sono confrontati 5 grandi vini di Bordeaux.
Come premessa generale, devo ammettere di nutrire grande fascino per il vino francese in generale (che riconosco superiore ad ogni altra viticoltura mondiale quantomeno per storia, cultura e picchi di eccellenza), ma di avere una certa antipatia per il Bordeaux, soprattutto se confrontato con la Borgogna...
In Borgogna, per esempio, i vini sono conosciuti solo per il terroir ultra specifico, per quel pezzo di vigna con caratteristiche peculiari dal quale provengono, ed infatti le bottiglie sono catalogate per village e climat, venendo in secondo piano il produttore (cd. Domaine).
In Bordeaux, al contrario, esistono potenti Chateau, oggi anche in buona parte di proprietà di assicurazioni e grandi investitori del mondo della finanza, che marchiano il vino da loro prodotto, a prescindere dalla specifica vigna dalla quale l'uva è raccolta...
Anche i vitigni utilizzati in Bordeaux sono i grandi vitigni internazionali (merlot, cabernet sauvignon, cabernet franc) i quali, diciamocelo, danno buoni vini un po' in tutto il mondo, mentre in Borgogna si coltiva solo il pinot nero, vitigno particolarissimo e delicato, che in nessun altro luogo del mondo da risultati paragonabili.
Ancora si potrebbero citare le dimensioni totali coltivate, il numero di bottiglie prodotte, la speculazione sui prezzi delle stesse, ma anche lo stesso landscape a ridosso di un grosso fiume e delle zone quasi paludose ad esso annesse, la stessa presenza di una metropoli nel bel mezzo dei vigneti...
Insomma, per la mia modestissima opinione, la zona di Bordeaux rappresenta "la puzza sotto il naso", è il simbolo di un'enologia moderna fatta più per il mercato che per la qualità del vino, gestita da multinazionali più che da contadini; mentre i cugini borgognotti mi danno l'idea di una cultura più sobria, più contadina, più legata alle tradizioni secolari e più attenta alla qualità del prodotto che al suo posizionamento sul mercato.
Fatta questa noiosa e non richiesta premessa, ieri sera ho bevuto 5 vini interessantissimi, di cui 4 straordinari!
La stessa circostanza di assaggiare bottiglie di quel livello e di annate così risalenti, con possibilità di un confronto diretto e con l'aiuto di un grande esperto (Nicola Bonera) che ce le ha commentate è stata per me un'esperienza estremamente formativa, oltre che goderccia!
Volendo spendere due parole anche sui vini, serviti in modo impeccabile dai sommelier dell'AIS (che hanno stappato - non senza problemi - filtrato, scaraffato, portato a temperatura ideale - mantenuta intorno ai 14° fino al servizio per evitare una eccessiva ossidazione - e servito i vini con professionalità), mi ha stupito innanzitutto la grande complessità ed evoluzione che gli stessi ci hanno regalato; ogni olfazione, ogni giro di bicchiere, ogni sorso, sentivamo profumi e sapori differenti, e mai è emerso un solo difetto.
Il Chateau Tours del Malle 1989 (Graves) (produttore più avvezzo al sauternes) ha regalato piacevoli profumi di zafferano, confermati anche al sorso, ma si è dimostrato l'unico dei 5 ad aver perso quasi tutta la tannicità, la freschezza e la materia. Dopo una mezz'ora dal servizio, poi, ha virato verso toni affumicati non particolarmente gradevoli.
Il Chateau Fonroque 1988 (St. Emilion) e Chateau La Grave 1988 (Pomerol), accomunati da un'annata più ruvida rispetto alle altre, hanno forse proprio per questo mostrato un tannino più pronunciato, associato nel primo caso a intensi profumi di sottobosco (quasi funghi) e nel secondo a note più speziate e forse anche più eleganti. Due grandissimi vini, ancora perfettamente presenti!
Lo scettro del migliore, però, se lo contendono i due vini più rinomati (e costosi), ossia il Chateau Petit Village 1989 (Pomerol) ed il Chateau Leoville Las Cases 1978 (St. Julien).
Entrambe le bottiglie hanno quotazioni considerevoli, che possono arrivare anche oltre le 100-200 euro la bottiglia, a seconda delle annate e del canale di acquisto e rappresentano rispettivamente un'etichetta emergente ed una storica della denominazione.
All'assaggio i vini erano differenti, ma entrambi eccezionali!
Entrambi con colori molto intensi, ed ancora in predominanza rubino.
Il Leoville Las Cases aveva inizialmente una nota vegetale, verde, molto pronunciata, assolutamente insolita in un vino di quasi 40 anni, ed oggi poco di moda, ma che a me è piaciuta molto. Dopo una mezz'ora il profumo si è molto evoluto, passando a note più balsamiche ed a sentori quasi di un amaro alle erbe, più che di un vino. All'assaggio tutti i presenti sono rimasti sorpresi dalla freschezza e dall'equilibrio tra acidità e tannino, ancora entrambi presenti, che hanno reso questo vino interessantissimo, ricco e probabilmente perfetto anche per accompagnare un buon piatto di carne.
Il Petit Village 1989, dal canto suo, mi ha forse dato qualche emozione in meno, anche per gli undici anni di storia regalati al precedente vino, ma devo ammettere che era forse ancora più elegante ed impeccabile dal punto di vista dei profumi e dei sentori gusto-olfattivi.
In conclusione devo dire che, a questi livelli e con queste annate, tutti i discorsi iniziali non hanno avuto alcuna importanza.
Consiglio a tutti di provare esperienze degustative di questo tipo, che sono emozionanti per l'anima ed istruttive per la conoscenza dell'evoluzione del vino, una delle caratteristiche più affascinanti per ogni appassionato.
Ora non vedo l'ora di assaggiare i bianchi!
Stay tuned

lunedì 27 marzo 2017

Provincia di Pavia Rosso IGT - Il Beneficio - 2012 - Alessio Brandolini


Degustazione del 26 marzo 2017

  1. GUSTO: 7,5
    ho già parlato in altri post dei vini dell'Oltrepò, dal cult Barbacarlo, alla bonarda, al metodo classico da uve pinot nero. Ma questo territorio è in grado di regalare anche grandi rossi tout court! In questo caso abbiamo un potente blend di croatina e barbera, con lungo affinamento in barrique (15 mesi), stabilizzazione in vasche di cemento per un anno e riposo per un altro anno in bottiglia prima della commercializzazione. Da ciò si ricava un vino potente (14%), corposo, caldo, dai profumi intensi, ma anche con un grande equilibrio. La categoria è quella dei vini top, da invecchiamento.
  2. FAIRNESS: 7,5
    Alessio Brandolini è un giovane molto impegnato, che ogni anno acquista sempre maggiore credibilità nel panorama oltrepadano! Il suo approccio al vino, poi, è davvero quello moderno che piace a noi: estrema cura per il territorio, vitigni autoctoni, riduzione al massimo delle sostanze chimiche
  3. OCCASIONE: 7,5
    è bello quando sei a casa e ti vengono a trovare tua sorella e tua cognata, con rispettivi consorti, e improvvisi un aperitivo che diventa cena!
  4. ACQUISTO: 9
    come altre bottiglie già commentate, anche questa è stata acquistata direttamente dalle mani di Alessio Brandolini, durante la nostra zingarata in Oltrepo dello scorso novembre
  5. PREZZO: 8
    se un grande vino rosso, da invecchiamento, viene venduto a 15 euro la bottiglia, siamo davanti ad un ottimo rapporto qualità/prezzo. Credo che un vino del genere, in una degustazione alla cieca, potrebbe benissimo passare per un vino della fascia 30-40 euro!
VOTO MEDIO: 7,9

domenica 12 marzo 2017

Emilia IGT - Vej - 2015 - Podere Pradarolo

Grappolo di Malvasia di Candia





















Degustazione dell'11 marzo 2017

  1. GUSTO: 7,5
    chi non sa cosa sia un "orange wine", rischia di rimanere disorientato assaggiando un vino di questo tipo! Si tratta, infatti, di un vino bianco, vinificato in rosso, ossia macerato insieme alle bucce. La foto del grappolo di malvasia di candia a piena maturazione, infatti, dimostra in modo eclatante il motivo del particolare colore del Vej. In particolare, si tratta di un colore straordinario ed affascinante! Un ambra che ci rimanda ad alcuni passiti o addirittura a distillati o birre, ma davvero faticheremmo ad associare ad un vino bianco secco, della scorsa vendemmia. I giorni a contatto con le bucce, nel caso dell'annata 2015, sono stati 210, come viene mostrato in modo fiero e simpatico in etichetta. Venendo all'olfatto, oltre al piacevole sentore aromatico peculiare del vitigno, abbiamo un'intenso profumo di rosa, ma anche sentori di agrumi e di pesca. All'assaggio, per chi come me non è ancora del tutto abituato a questa tipologia di vino, risalta subito la sensazione tannica (data sempre dalle bucce e che quindi non si trova mai nei vini bianchi "tradizionali"). Per il resto l'aromaticità del vino è sorretta da una buona struttura. L'insieme di queste caratteristiche davvero particolari, lo rendono un vino unico e che vale senz'altro la pena di assaggiare. Non posso dire, però, che ne avrei bevuta un'altra bottiglia subito dopo. Anche quanto all'abbinamento con il cibo, non sono convinto di quale piatto lo potrebbe esaltare: noi, per esempio, lo abbiamo abbinato ad un'ottima minestra di legumi cucinata dalla padrona di casa
  2. FAIRNESS: 8,5
    Podere Pradarolo è una piccola azienda della provincia di Parma (Valle del Ceno) che ha deciso di dedicarsi esclusivamente alla produzione di vini cd. naturali, ossia prodotti con uve coltivate nel pieno rispetto della natura e della biodiversità (anche oltre i protocolli del "bio") e vinificate senza l'aggiunta di alcun additivo chimico e di solforosa. In particolare, poi, il vigneron Alberto Carretti ha voluto riscoprire un metodo di vinificazione dei vini bianchi con lunghe maturazioni (come si anticipava in precedenza), che, oltre alla riscoperta di una tecnica utilizzata già in passato anche proprio in Emilia, permette di ottenere vini bianchi più strutturati e longevi e di tirare fuori il meglio di ogni vitigno
  3. OCCASIONE: 7
    una normale cena con amici storici è diventata un'occasione speciale dal momento che, tra impegni quotidiani e malattie varie, non ci ritrovavamo insieme da quasi tre mesi! La cornice della Cascina Valmora, poi, dimora di artisti, ha reso l'atmosfera davvero calda come il colore del Vej
  4. ACQUISTO: 7,5
    ho acquistato questa bottiglia all'ultimo LiveWine di Milano, dopo che l'assaggio mi aveva davvero stregato
  5. PREZZO: 7,5
    ho pagato la bottiglia 12,5 €, un prezzo che mi sembra assolutamente onesto. Come dicevo, è un prodotto unico e difficilmente paragonabile agli standard che abbiamo in mente, ed è quindi difficile stimarne il valore. Di certo possiamo fidarci sulla qualità delle uve e sulla paziente e complessa tecnica di vinificazione
VOTO MEDIO: 7,6

lunedì 6 marzo 2017

Alsace AOC - Riesling Coup de foudre - 2010 - Bernhard & Reibel


Degustazione del 4 marzo 2017

  1. GUSTO: 8
    sabato sera, mentre si scatenava una romantica tempesta di neve (40 cm in una giornata!), abbiamo deciso di recarci presso quel magnifico ristorante che è il Foyer des Guides, immerso nelle piste da sci di Valtournenche. Dopo aver dato un occhio al menù, io e mia moglie ci facciamo tentare, tra le altre cose, da un tris di foie gras, presentati con cotture ed abbinamenti differenti. Subito mi si accende una lampadina: serve un vino speciale! Ecco dunque come arriviamo a questo straordinario riesling alsazino, con già (o solo!) 7 anni sulle spalle, che si presenta con un invitante colore giallo paglierino con riflessi dorati. Il naso è intenso: si sentono in modo predominante i tipici ed eleganti profumi di idrocarburi, ma anche frutta esotica e fiori freschi. Anche al gusto c'è tutto quello che ci si può aspettare da un vino del genere, con spiccate mineralità e sapidità.
    Anche l'abbinamento con il foie gras ci stava tutto!
  2. FAIRNESS: 8
    non avevo mai sentito parlare della cantina in oggetto, ma fin da subito mi balza all'occhio il logo dei "Vigneron independent" (in Italia "Vignaioli indipendenti"), segno di una piccola realtà che gestisce in modo artigianale tutti i passaggi, dalla coltivazione alla vinificazione. Cercando qualche notizia in più, trovo la conferma che si tratta di una cantina di piccole dimensioni (23 ha), che coltiva tutti i vitigni tipici dell'Alsazia (Gewurztraminer, pinot grigio e riesling) con certificazione biologica.
  3. OCCASIONE: 7,5
    nessuna particolare ricorrenza, ma una piacevolissima serata di fine inverno trascorsa in montagna insieme alla mia famiglia e a mia sorella con il suo fidanzato. L'atmosfera è stata resa davvero indimenticabile dalla forte nevicata. Come direbbe un mio caro amico, poi, ci siamo "sparati l'eleganza" ordinando piatti raffinati e bevendo una gran bottiglia di vino!
  4. ACQUISTO: 7
    come spiegavo in un precedente post, il Foyer des Guides offre una cantina esteticamente molto spettacolare, proprio all'ingresso del ristorante. Anche i vini offerti, ovviamente, sono molto ricercati. Vi sono quasi tutti i migliori vini della Valle d'Aosta, ma anche una buona selezione di vini italiani e francesi
  5. PREZZO: 7
    i 35 euro spesi al ristorante sono veramente onestissimi! Non so quanto possa costare una bottiglia del genere in cantina (credo una fascia da 15 a 20 €), ma posso garantire che ne è valsa senz'altro la pena, anche attesa l'annata già un po' evoluta!
VOTO MEDIO: 7,5

lunedì 20 febbraio 2017

LiveWine 2017: la straordinaria varietà dei vini naturali!


Ieri sono stato al LiveWine di Milano, il Salone Internazione del vino artigianale, anche detto "naturale". Ma cos'è questo vino naturale tanto di moda di questi tempi?
Per spiegare come la penso, voglio fare un piccolo esperimento.
Vi farò 5 domande, che contemplano alternative semplici.

  1. Preferite guardare un incontro di Wrestling o un match di boxe?
  2. Preferite un mobile fatto su misura dalla ditta Fumagalli di Lissone o un Pax dell'Ikea?
  3. Preferite mangiare un mango che viene dal sudamerica, a dicembre, o delle fragole, raccolte nel giardino di casa, a maggio?
  4. Preferite vivere tra le fabbriche che scaricano rifiuti nel fiume Lambro, o in un paesino in una valle incontaminata della Sila?
  5. Preferite una rosa cresciuta spontaneamente, ai bordi di un bosco, o quella venduta ad un euro dal cingalese il sabato sera?
Non credo che ci siano grandi dubbi sulle risposte che avrete dato, e non perchè le domande fossero di per sè suggestive... Spesso, però, il Wresling è molto più divertente della boxe; tutti riteniamo che valga la pena comprare i mobili da Ikea; fa molto cool mangiare il mango a Natale, mentre quasi nessuno ha le fragole in giardino... Ancora, la valle del Lambro sarà triste e inquinata, ma è uno dei luoghi dove c'è il pil pro-capite più alto in Italia, oltre a tutti i comfort ed i servizi della Brianza e di Milano, mentre vivere sulla Sila può significare vivere isolati e senza lavoro... Anche la rosa selvatica sarà pure romantica, ma è rara, spesso poco rigogliosa e poco profumata...
Ciò nonostante, credo che chiunque, sulla carta, preferisca le cose autentiche, fatte su misura, da un artigiano, legate alla stagionalità ed alla tradizione di un territorio, non inquinate, rispettose della natura! E le preferisca anche a costo di sopportare qualche piccola imperfezione, di pagarle qualcosa di più, di avere qualche scomodità in più e di dover attendere un po' di più per ottenerle.

Ecco, il vino naturale è esattamente questo! E' un vino che proviene da vigneti veramente vocati per la coltivazione della vite, anche se impervi e coltivabili solo a mano; è un vino fatto coi vitigni tipici del territorio; è un vino che proviene da viti coltivate con metodo biologico, o addirittura biodinamico, a prescindere dalle formali certificazioni; è un vino fatto in modo artigianale, senza alcun additivo chimico (compresi i solfiti), utilizzando meno tecnologia possibile, che fermenta spontaneamente, utilizzando i lieviti autoctoni presenti sulla buccia dell'uva e nella cantina; è un vino che attende pazientemente prima di essere commercializzato, anche per anni, se l'artigiano che lo produce sa che potrà dare il meglio di sè solo dopo aver riposato per il tempo necessario, nel materiale che meno alteri le caratteristiche del vigneto.

Il punto, allora, è questo: se un vino naturale è tutto questo, ma poi non appaga il sorso, il discorso è affascinante, ma lascia un po' il tempo che trova... Se, però, consente anche di far esprimere ai vitigni caratteristiche che nei vini "industriali" non emergono, o comunque favorisce una maggiore differenziazione di colori, profumi e sapori nei vini, e magari costa solo poco di più rispetto ai colleghi della GDO, abbiamo davvero trovato il "VINO GIUSTO" che cercavamo!

Tornando al LiveWine 2017, posso senza retorica affermare che la maggior parte dei vini era di quest'ultima categoria. Mi soffermerò in separati post su singole bottiglie o cantine, ma qui voglio fare una rapidissima carrellata (assolutamente non esaustiva) per dare un'idea della straordinaria varietà che abbiamo avuto la fortuna di assaggiare (con i miei compagni di bevute Pax, Tommy e Simone, che ringrazio per la pazienza e la fiducia riservatemi!).

Dopo un assaggio al curioso sidro di Fremont Julien, siamo partiti dal Prosecco Colfondo di Mongarda, davvero interessante (e per noi decisamente più equilibrato rispetto a quello di Casa Belfi), per passare ai vini molto freschi e verticali de Il Pendio (Franciacorta) ed a quelli più complessi (forse troppo) di Casa Caterina, di cui abbiamo apprezzato molto il "36" e un po' meno le versioni con oltre 10 anni sur lies. Sulle bollicine, però, diamo atto che nessuno ha retto il confronto con lo Champagne di Francis Boulard, del quale abbiamo trovato semplicemente perfetto il blend "base", se così si può chiamare, e forse un po' troppo complessa la versione con chardonnay in purezza.
Venendo ai bianchi (rectius "orange", ossia bianchi vinificati come fossero rossi, con macerazione a contatto con le bucce), abbiamo sfruttato l'occasione di assaggiare, uno a fianco all'altro, i più grandi produttori del Carso (tranne l'assente Gravner), ossia Podversic, Zidarich, Radikon, Terpin e Princic. Il livello è stato altissimo e mi ha stupito la grande varietà di colori e sapori, nonostante fossero tutte cantine con filosofie, terreni e vitigni molto simili. I miei preferiti sono stati il Nekaj (tokaj) e la Ribolla Gialla di Damjan Podversic, semplicemente straordinari! Una menzione speciale va anche a tre orange wine outsider, ossia al profumatissimo Fiano di Avellino di Pierluigi Zampaglione, al pinot grigio di Foradori (leader per i suoi Teroldego) e soprattutto al Vej di Podere Pradarolo (Parma), da uve malvasia di candia, che ci ha stregato con piacevolissimi sentori agrumati.
Anche tra i bianchi (in questo caso non macerati sulle bucce), però, temo che lo scettro debba essere assegnato all'estero, ossia al Riesling della Mosella, di Molitor Rosenkreuz, che ha proposto una piccola verticale con l'ultima annata, 2015, molto profumata e beverina, seguita da due annate storiche, ossia 2001 e 1999, nelle quali il tipico affascinante sentore di idrocarburi la faceva da padrone!
Venendo ai rossi, la corona è senz'altro da assegnare al Barbaresco 2013 di Cascina Roccalini. vino dall'eleganza straordinaria! Molto interessanti anche alcune versioni di aglianico, come il Pian del Moro di Musto Carmelitano, con quel passaggio in legno che lo ha reso, a nostro avviso, ancora più equilibrato rispetto al comunque ottimo "Serra del Prete", che fa solo acciaio e cemento. Passando dal Vulture al Taurasi, le tre versioni de Il Cancelliere ci sono piaciute tutte, proprio per le loro differenze, anche se, nel caso specifico, abbiamo addirittura preferito l'intermedio "Gioviano" 2013, già perfettamente pronto, al "Nero Nè" 2011, che, pur mostrando la stoffa del grande vino, credo dovrà ancora smussare un po' i tannini riposando qualche altro anno in bottiglia. Unica delusione, nostro malgrado, il Magma di Frank Carnelissen, genio belga prestato al nerello mascalese etneo, che è stato presentato nell'annata 2015, ancora non sul mercato, e dal quale ci aspettavamo decisamente di più (anche perchè si tratta di un vino che può costare oltre 100 euro la bottiglia...).
Menzione speciale e premio alla carriera al Montepulciano d'Abruzzo di Emidio Pepe, proposto nelle versioni 2013, 2007 e 2001 (se non sbaglio). Un vino puro! Che affina al 100% in cemento vetrificato e che migliora sempre, anno dopo anno...
Dulcis in fundo... I passiti!
C'era davvero una vastissima scelta e ci eravamo tenuti un po' di risorse per poterceli godere dopo la maratona di cui sopra! Debbo dire che alcune malvasie delle lipari ed il Greco di Bianco di Lucà non mi hanno comunicato quel quid in più che mi aspettavo, mentre meritevoli di menzione ci sono la versione passita della malvasia di candia di Podere Pradarolo e, soprattutto, il Sol di Ezio Cerruti (piccolo produttore che coltiva solo ed esclusivamente uve moscato) la cui vena acida lo ha reso il nostro preferito!
Tra gli italiani, si intende... Perchè anche qui, ahi noi, i sauternes erano quasi fuori concorso! Quelli di Roussey Peraguey, in particolare, ci hanno veramente stregato!

In conclusione, come dicevo nell'introduzione, abbiamo bevuto decine di vini uno diverso dall'altro, molti dei quali anche molto più buoni rispetto ai pari prezzo "industriali" e, soprattutto, non abbiamo avuto il minimo giramento di testa, nè mal di testa!
Questa storia dei solfiti deve essere vera!
Lunga vita ai vini naturali! E chi torna più a bere gli altri vini adesso?!

mercoledì 8 febbraio 2017

Trentino Marzemino doc - 2014 - Marco Tonini


Degustazione del 4 febbraio 2017

  1. GUSTO: 7
    continuiamo con la rassegna dei vini rossi "quotidiani". Questo Marzemino è proprio quello che ci si aspetta dalla denominazione. Rosso rubino carico, profumi di frutta rossa croccante, in bocca fresco, immediato e beverino. La bassa gradazione, la giusta acidità e un accenno iniziale di tannino, lo rendono un vino davvero duttile per i piatti di tutti i giorni.
  2. FAIRNESS: 7,5
    piccolissima (4ha) e giovane realtà della Vallagarina, dove il marzemino trova il suo terroir naturale. Una famiglia di viticoltori che, dal 2013, ha deciso di vinificare in proprio le uve di proprietà. Apprezzabile la scelta di dedicarsi esclusivamente a questo rosso giovane da uve marzemino e ad un più raffinato spumante metodo classico "dosaggio zero"! Anche la certificazione biologica è indice di qualità e rispetto per l'ambiente.
  3. OCCASIONE: 6,5
    è un sabato pomeriggio uggioso, il bimbo è un po' annoiato e mio fratello passa a trovarci con le sue bimbe. Mentre i piccoli smonellano per casa, faccio un salto in cantina e apro questa bottiglia, per accompagnare due chiacchiere con mio fratello. Quel poco che è avanzato, l'ho consumato molto volentieri durante la cena. Insomma, la giusta fine di questo ottimo "vino quotidiano"!
  4. ACQUISTO: 7
    il vino mi è stato regalato dal compagno di bevute Matteo, il quale è un assiduo frequentatore delle montagne Trentine. Il prodotto è talmente di nicchia che sono sicuro che Teo lo abbia scovato in qualche degustazione di vini locali!
  5. PREZZO: N.D.
    non so quanto abbia pagato la bottiglia, nè ho trovato indicazioni online. Se dovessi azzardare un prezzo equo, alla cieca, mi orienterei intorno agli 8-10 euro
VOTO MEDIO: 7

sabato 21 gennaio 2017

SPECIAL EDITION - Consorzio Terre Lariane (degustazione AIS Lecco)


Si è appena conclusa a Garbagnate Monastero la serata di degustazione organizzata da AIS Lecco.
Senz'altro il clou della serata erano i banchi di assaggio di ben 11 cantine (su 16 totali) consociate del Consorzio Terre Lariane.
Un'occasione ghiotta per saggiare lo stato dell'arte della neonata IGT.
Iniziamo con una premessa: negli ultimi decenni il vino del territorio lariano è stato poco più che contadino (e non pensate ai cd. "vini naturali" molto in voga di recente)... Numeri piccoli, scarsa qualità, scarsissima personalità e riconoscibilità.
Montevecchia è sempre stata una piccola eccezione, nonostante non sia nemmeno lei mai riuscita a fare un vero salto di qualità.
Questo consorzio (e la relativa IGT) è un indispensabile punto di (re-)inizio indispensabile e sta già dando buoni frutti!
La maggior parte delle aziende sono ancora molto piccole ed alle primissime vendemmie, ma è evidente il tentativo di puntare sempre più sulla qualità e, soprattutto, di iniziare a fare in qualche modo squadra, unico sistema per poter sperare di sopravvivere nella spietata realtà enologica attuale.
Se penso a tantissime DOC che potrebbero e dovrebbero essere soppresse, ritengo invece che questa IGT sia invece un soggetto destinato a crescere e che potrà fare solo bene a tutte le aziende della zona.
Venendo ai vini, nonostante non vi sia un vitigno autoctono (tranne forse la Verdesa, usata in percentuali minime), nè una tipologia di vino comune a tutte le cantine, ho notato che il vitigno che fa da fil rouge è il buon vecchio merlot, spesso proposto in una versione base vinificata in acciaio ed in una vinificata in barrique (con le dovute aggiunte di altri vitigni alla bisogna, ed in particolare del syrah).
Il mio sogno, però, è che, sull'esempio riuscitissimo di La Costa, si possano scoprire i luoghi, i modi ed i cloni migliori per coltivare un pinot nero di qualità, da vinificare in rosso!
Passando agli assaggi, tante realtà sono senz'altro ancora dei work in progress, sia per le tecniche di coltivazione e di vinificazione, sia perchè hanno viti ancora molto giovani.
Ho assaggiato comunque molti vini di buon livello, solo un paio di vini "vecchio stampo", nel senso negativo del termine, e confermo che, a parte l'outsider Bornò di Tre Noci (meglio il 2013 con barrique usate, rispetto al 2014 che ha preso, a mio avviso, troppo legno), la cantina che sta tracciando la strada della qualità è La Costa.
In attesa del San Giobbe 2015 (pinot nero in purezza), in uscita tra un paio di mesi, ho molto apprezzato il Seriz 2013 (merlot e syrah) ed anche il Solesta 2013 (riesling renano 85% e incorcio manzoni 15%).
Questi tre vini, a mio giudizio, dovrebbero essere il benchmark per tutte le altre aziende, le quali hanno la prova che, lavorando bene, questi terreni hanno davvero qualcosa da dare!
In bocca al lupo a tutti e complimenti per il lavoro che state facendo!
Prima di concludere, però, vorrei fare una rapida menzione di alcuni degli altri vini in degustazione (45 in tutto).
Piacevolissima sorpresa il Prosecco "Col Fondo" di Bele Casel! Credo che l'unica via di salvezza per la denominazione (dal 2016 spumante più venduto al mondo!!) sia quella di tornare alle origini... Questo metodo ancestrale (rifermentazione in bottiglia coi lieviti della prima fermentazione, senza degorgement) mi è piaciuto tanto. Urge approfondire l'argomento!
Ottimo anche il Franciacorta Extra Brut di Faccoli, uno dei grandi nomi della Franciacorta di qualità: vino strutturato, ricco e maturo.
Tra i bianchi fermi, ho apprezzato il profumatissimo Falerio Pecorino di Pantaleone 2015, mentre mi aspettavo di più dai vini francesi in degustazione...
Quanto ai rossi, ho apprezzato la spiccata personalità dell'Etna Rosso 2013 de I custodi dell'Etna e di un altro vino, chicca della serata, il Piedirosso dell'azienda Agnanum, una piccola realtà napoletana che ha valorizzato questo raro (per me era una "prima volta"!) vitigno autoctono. Un vino davvero particolare, con una certa aromaticità e piacevoli sentori di spezie e liquirizia... tutto da scoprire!