lunedì 20 febbraio 2017

LiveWine 2017: la straordinaria varietà dei vini naturali!


Ieri sono stato al LiveWine di Milano, il Salone Internazione del vino artigianale, anche detto "naturale". Ma cos'è questo vino naturale tanto di moda di questi tempi?
Per spiegare come la penso, voglio fare un piccolo esperimento.
Vi farò 5 domande, che contemplano alternative semplici.

  1. Preferite guardare un incontro di Wrestling o un match di boxe?
  2. Preferite un mobile fatto su misura dalla ditta Fumagalli di Lissone o un Pax dell'Ikea?
  3. Preferite mangiare un mango che viene dal sudamerica, a dicembre, o delle fragole, raccolte nel giardino di casa, a maggio?
  4. Preferite vivere tra le fabbriche che scaricano rifiuti nel fiume Lambro, o in un paesino in una valle incontaminata della Sila?
  5. Preferite una rosa cresciuta spontaneamente, ai bordi di un bosco, o quella venduta ad un euro dal cingalese il sabato sera?
Non credo che ci siano grandi dubbi sulle risposte che avrete dato, e non perchè le domande fossero di per sè suggestive... Spesso, però, il Wresling è molto più divertente della boxe; tutti riteniamo che valga la pena comprare i mobili da Ikea; fa molto cool mangiare il mango a Natale, mentre quasi nessuno ha le fragole in giardino... Ancora, la valle del Lambro sarà triste e inquinata, ma è uno dei luoghi dove c'è il pil pro-capite più alto in Italia, oltre a tutti i comfort ed i servizi della Brianza e di Milano, mentre vivere sulla Sila può significare vivere isolati e senza lavoro... Anche la rosa selvatica sarà pure romantica, ma è rara, spesso poco rigogliosa e poco profumata...
Ciò nonostante, credo che chiunque, sulla carta, preferisca le cose autentiche, fatte su misura, da un artigiano, legate alla stagionalità ed alla tradizione di un territorio, non inquinate, rispettose della natura! E le preferisca anche a costo di sopportare qualche piccola imperfezione, di pagarle qualcosa di più, di avere qualche scomodità in più e di dover attendere un po' di più per ottenerle.

Ecco, il vino naturale è esattamente questo! E' un vino che proviene da vigneti veramente vocati per la coltivazione della vite, anche se impervi e coltivabili solo a mano; è un vino fatto coi vitigni tipici del territorio; è un vino che proviene da viti coltivate con metodo biologico, o addirittura biodinamico, a prescindere dalle formali certificazioni; è un vino fatto in modo artigianale, senza alcun additivo chimico (compresi i solfiti), utilizzando meno tecnologia possibile, che fermenta spontaneamente, utilizzando i lieviti autoctoni presenti sulla buccia dell'uva e nella cantina; è un vino che attende pazientemente prima di essere commercializzato, anche per anni, se l'artigiano che lo produce sa che potrà dare il meglio di sè solo dopo aver riposato per il tempo necessario, nel materiale che meno alteri le caratteristiche del vigneto.

Il punto, allora, è questo: se un vino naturale è tutto questo, ma poi non appaga il sorso, il discorso è affascinante, ma lascia un po' il tempo che trova... Se, però, consente anche di far esprimere ai vitigni caratteristiche che nei vini "industriali" non emergono, o comunque favorisce una maggiore differenziazione di colori, profumi e sapori nei vini, e magari costa solo poco di più rispetto ai colleghi della GDO, abbiamo davvero trovato il "VINO GIUSTO" che cercavamo!

Tornando al LiveWine 2017, posso senza retorica affermare che la maggior parte dei vini era di quest'ultima categoria. Mi soffermerò in separati post su singole bottiglie o cantine, ma qui voglio fare una rapidissima carrellata (assolutamente non esaustiva) per dare un'idea della straordinaria varietà che abbiamo avuto la fortuna di assaggiare (con i miei compagni di bevute Pax, Tommy e Simone, che ringrazio per la pazienza e la fiducia riservatemi!).

Dopo un assaggio al curioso sidro di Fremont Julien, siamo partiti dal Prosecco Colfondo di Mongarda, davvero interessante (e per noi decisamente più equilibrato rispetto a quello di Casa Belfi), per passare ai vini molto freschi e verticali de Il Pendio (Franciacorta) ed a quelli più complessi (forse troppo) di Casa Caterina, di cui abbiamo apprezzato molto il "36" e un po' meno le versioni con oltre 10 anni sur lies. Sulle bollicine, però, diamo atto che nessuno ha retto il confronto con lo Champagne di Francis Boulard, del quale abbiamo trovato semplicemente perfetto il blend "base", se così si può chiamare, e forse un po' troppo complessa la versione con chardonnay in purezza.
Venendo ai bianchi (rectius "orange", ossia bianchi vinificati come fossero rossi, con macerazione a contatto con le bucce), abbiamo sfruttato l'occasione di assaggiare, uno a fianco all'altro, i più grandi produttori del Carso (tranne l'assente Gravner), ossia Podversic, Zidarich, Radikon, Terpin e Princic. Il livello è stato altissimo e mi ha stupito la grande varietà di colori e sapori, nonostante fossero tutte cantine con filosofie, terreni e vitigni molto simili. I miei preferiti sono stati il Nekaj (tokaj) e la Ribolla Gialla di Damjan Podversic, semplicemente straordinari! Una menzione speciale va anche a tre orange wine outsider, ossia al profumatissimo Fiano di Avellino di Pierluigi Zampaglione, al pinot grigio di Foradori (leader per i suoi Teroldego) e soprattutto al Vej di Podere Pradarolo (Parma), da uve malvasia di candia, che ci ha stregato con piacevolissimi sentori agrumati.
Anche tra i bianchi (in questo caso non macerati sulle bucce), però, temo che lo scettro debba essere assegnato all'estero, ossia al Riesling della Mosella, di Molitor Rosenkreuz, che ha proposto una piccola verticale con l'ultima annata, 2015, molto profumata e beverina, seguita da due annate storiche, ossia 2001 e 1999, nelle quali il tipico affascinante sentore di idrocarburi la faceva da padrone!
Venendo ai rossi, la corona è senz'altro da assegnare al Barbaresco 2013 di Cascina Roccalini. vino dall'eleganza straordinaria! Molto interessanti anche alcune versioni di aglianico, come il Pian del Moro di Musto Carmelitano, con quel passaggio in legno che lo ha reso, a nostro avviso, ancora più equilibrato rispetto al comunque ottimo "Serra del Prete", che fa solo acciaio e cemento. Passando dal Vulture al Taurasi, le tre versioni de Il Cancelliere ci sono piaciute tutte, proprio per le loro differenze, anche se, nel caso specifico, abbiamo addirittura preferito l'intermedio "Gioviano" 2013, già perfettamente pronto, al "Nero Nè" 2011, che, pur mostrando la stoffa del grande vino, credo dovrà ancora smussare un po' i tannini riposando qualche altro anno in bottiglia. Unica delusione, nostro malgrado, il Magma di Frank Carnelissen, genio belga prestato al nerello mascalese etneo, che è stato presentato nell'annata 2015, ancora non sul mercato, e dal quale ci aspettavamo decisamente di più (anche perchè si tratta di un vino che può costare oltre 100 euro la bottiglia...).
Menzione speciale e premio alla carriera al Montepulciano d'Abruzzo di Emidio Pepe, proposto nelle versioni 2013, 2007 e 2001 (se non sbaglio). Un vino puro! Che affina al 100% in cemento vetrificato e che migliora sempre, anno dopo anno...
Dulcis in fundo... I passiti!
C'era davvero una vastissima scelta e ci eravamo tenuti un po' di risorse per poterceli godere dopo la maratona di cui sopra! Debbo dire che alcune malvasie delle lipari ed il Greco di Bianco di Lucà non mi hanno comunicato quel quid in più che mi aspettavo, mentre meritevoli di menzione ci sono la versione passita della malvasia di candia di Podere Pradarolo e, soprattutto, il Sol di Ezio Cerruti (piccolo produttore che coltiva solo ed esclusivamente uve moscato) la cui vena acida lo ha reso il nostro preferito!
Tra gli italiani, si intende... Perchè anche qui, ahi noi, i sauternes erano quasi fuori concorso! Quelli di Roussey Peraguey, in particolare, ci hanno veramente stregato!

In conclusione, come dicevo nell'introduzione, abbiamo bevuto decine di vini uno diverso dall'altro, molti dei quali anche molto più buoni rispetto ai pari prezzo "industriali" e, soprattutto, non abbiamo avuto il minimo giramento di testa, nè mal di testa!
Questa storia dei solfiti deve essere vera!
Lunga vita ai vini naturali! E chi torna più a bere gli altri vini adesso?!

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